II Meditazione
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Quando si medita si va "oltre", "avanti", non per raggiungere uno stato
sociale, una certa posizione, farsi un nome o acquisire beni materiali
(anche se, procedendo nella via dello Yoga, questo si verificherà).
Si tratta di un atteggiamento di vita che dice: "Vai avanti". Quello
che hai raggiunto non basta. Vale la pena di migliorarlo. E' migliorabile!
E' la crescita permanente, l'ampliamento, la maturazione e il superamento
di ogni confine.
Questo stato mentale ci fa vivere in un processo del divenire, nel
senso che si cresce continuamente, oltre se stessi. Non perché lo
stato attuale non basti ancora, ma perché ogni momento offre la
possibilità di evolversi, perfezionarsi, migliorarsi.
Praticando la meditazione si diventa una persona che ha deciso di dedicarsi
in modo continuo all' apprendimento volontario e al cambiamento,
alla trasformazione. Significa agire nel mondo con freschezza fisica
e mentale e continuare ad imparare fino a tarda età.
Non ci si lagna e si lamenta delle cose che non vanno come si vorrebbe
, se magari sono come si vorrebbe, non rimangono mai come sono.
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Inizialmente attraverso l'aspetto fisico (stare seduti in silenzio
a fissare un punto) viene risvegliato ed esercitato l'atteggiamento
interiore: Se il corpo è seduto eretto, lo è anche lo spirito. Corpo
e spirito diventano una cosa sola. Il corpo è la forma, lo spirito
il contenuto: Stai seduto bene! Stai seduto diritto, comodo! Stai
seduto eretto, come una candela, sciolto! Se stai seduto così, sei
libero, felice e fresco, siedi insieme alla terra, impara con il
corpo! Il cosmo e io, ben poggiato per terra, siamo una cosa sola!
Star seduti così è uno stato di assoluta ampiezza e leggerezza, è uno
stato dell'essere vigili e permeabili; una montagna di granito e
una limpida e fresca mattinata di sole invernale allo stesso tempo.
Chi prova questo stato e lo pratica a lungo, nel corso del tempo
lo fissa bene e lo fa diventare un'atmosfera interiore da coltivare
continuamente: "io sono il centro del mio mondo".
Non è orgoglio e spavalderia, ma gratitudine e modestia verso questo
dono concesso per l'esercizio svolto e le fatiche.
Come l'esercizio fisico quotidiano aiuta ad ottenere un'andatura leggera
e movimenti eleganti, così questo entrare quotidiano nel proprio
silenzio ci procura uno stato interiore aperto e leggero che si
protrae per tutto il giorno: Saldi come una roccia e leggeri come
una piuma!
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Nel Pratyahara abbiamo imparato a calmare la mente, a stare nel silenzio
dei pensieri. Con il Dharana ci siamo fatti i muscoli mentali, a
stare concentrati su un'idea. Ora nel Dhyana vivremo l' esperienza
che il non pensare è vivere in un continuo lampo mentale, e questo
in grande silenzio e pacatezza. La mente è immersa permanentemente
nel proprio silenzio, ma ben desta e presente.
A ciascuno di noi è successo di fare esperienza su questo stato di
assoluta chiarezza mentale, quando in un momento critico o di estremo
pericolo abbiamo agito non per una volontà prefissata, ma istintivamente,
soltanto per uno stato di coscienza desta. Di solito i sudori sulla
fronte subentrano in un secondo momento.
Al culmine di una prestazione enorme abbiamo intravisto la possibilità
della vittoria, improvvisamente dentro di se si fa silenzio. Tutto
si fa più chiaro e limpido che mai, come se si fosse accesa la luce
dei riflettori. In questo istante si è convinti che tutte le forze
del mondo siano dentro se stessi, ci si sente in grado di compiere
qualsiasi cosa ed è come avere le ali. Non c'è momento più prezioso
nella vita di questo istante lucido, e per anni ci sforzeremo di
viverlo ancora una volta.
Questo è lo stato di una mente completamente priva di distrazioni,
presente, desta e ampia, con la facoltà di centrarsi perfettamente,
con la facoltà di penetrare mentalmente un oggetto, come il fascio
di energia di un riflettore in un punto, illuminandolo. Col Dhyana
stiamo evocando volontariamente e su richiesta questo stato e lo
coltiviamo.
Padroneggiare questa facoltà non significa analizzare, costruire, esitare,
questo è bensì "il pensare del non pensare". E' guidare la propria
vita esattamente al momento giusto, e sempre assolutamente desti.
La forza del braccio tiene l' arco in tensione. La freccia posa inerte
sulla mano. Il tiratore è fermo con la potenza del suo corpo attiva.
E' lui la freccia. Scaglia e lancia la sua potenza verso la meta.
Non c'è colpo senza bersaglio, non sarebbe sensato impegnarsi di
centrare bene?
Se una freccia non centra il bersaglio desiderato è il segno che
qualcosa non va nell' armonia del tiratore. Infatti, se tutto è
a posto, si fa centro ad occhi chiusi!
Immaginiamo quali successi sarebbero possibili se riuscissimo a
raggiungere una dedizione completa. Se con spirito calmo e assolutamente
desto diventassimo un tutt'uno con quello che facciamo.
Se un colpo non centra il bersaglio vuol dire che pensiero ed azione
non sono ancora tutt'uno. Infatti se pensare e fare sono un tutt'uno,
facciamo centro ad occhi chiusi.
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Col Pranayama abbiamo imparato che c'è un modo di respirare per guidare
il prana dentro il nostro corpo. Nel Pratyahara abbiamo imparato
ad osservare il nostro respiro. Adesso impariamo come il Dhyana
è la consapevolezza e l'osservazione del respiro.
A volte si ha il respiro stressato quando la gabbia toracica si muove
nel ritmo respiratorio. Una sensazione di benessere è invece accompagnato
da una respirazione tranquilla del ventre. Con una respirazione
consapevole, profonda e volutamente dal ventre possiamo rafforzare
o anche indurre la calma interiore e la capacità di concentrazione.
Nell'inspirazione tranquilla sentiamo la pancia che "va in fuori":
vestiti larghi e niente cinture.
Inizialmente concentriamo l'attenzione in un punto tre dita sotto l'ombelico.
Osserviamo, col movimento della pancia, lo scorrere del flusso del
respiro in entrata e in uscita. Osservando più a fondo, si ha la
percezione interiore ed esteriore. Questi due spazi, che sussistono
soltanto nella coscienza, col tempo si annullano e si instaura uno
stato di equilibrio di dentro e fuori, la coscienza si dilata. Si
vivrà l' annullamento dello spazio, si è dentro e fuori contemporaneamente,
si diventa "colui che percepisce", "questo sono io". Tutto ciò che
si è non sarà più trattato senza riguardo. Si diventa più responsabili
e si prova profonda gratitudine e rispetto per tutto ciò che ci
succede.
Seguendo ulteriormente il flusso respiratorio ci si addentra sempre
più in ciò che scorre, che sempre e in ogni momento ci pervade completamente:
il silenzio e il movimento. E' il flusso infinito della vita vissuto
molto profondamente in ogni momento con la percezione viva del flusso
respiratorio. Da questa esperienza si sviluppa lo spirito che non
si ferma e non si fissa, ma è pronto, grato e in grado di confluire
in nuove forme.
La capacità di seguire il flusso respiratorio e di immergervisi sempre
più in profondità produce l'effetto che questo silenzio si mantiene
anche oltre il Dhyana. Nelle situazioni in cui può venir meno la
calma, con un certo modo di gestire la respirazione si potrà ritornare
ad essere padroni della situazione.
- Posizione, respiro, mente.
- Silenziosi, desti, vivi!
- La pancia respira, tutto viene da se, non fare niente.
- Svuotarsi completamente, tendere bene il busto, nessun blocco nella
respirazione.
Imparato questo, potremo vivere in qualsiasi momento la vera vita:
mangiando, solo mangiare; dormendo, solo dormire; lavorando, solo
lavorare.
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In Pratyahara abbiamo constatato come nella mente balenano pensieri,
riaffiorano ricordi del passato, si fanno progetti per il futuro,
si fanno apprezzamenti su certi eventi, ci si presentano immagini,
sentimenti come noia, agitazione, impazienza, risalgono sensazioni,
percezioni e moti di volontà.
Altro che introspezione silenziosa e conoscenza profonda! La mente
infuria come un branco di scimmie scatenate fra glia alberi. Questo
è lo stato normale della nostra mente! E in questo stato mentale
superiamo i problemi della nostra vita.
Abbiamo fatto qualche esercizio del Dharana? Per calmare la mente,
per avere il dominio della mente, non basta mai!
Assumendo la posizione eretta, immobile e silenziosa, osservando il
respiro e infine contando i respiri, ci mettiamo sulla strada che
ci porta a diventare fermi e silenziosi, a trovare la calma e ad
essere assolutamente desti.
Dopo qualche tentativo fallito possiamo rassegnarci e desistere, come
fanno quasi tutti. "Io non sono capace di meditare, sono troppo
irrequieto". E allora bisogna appunto impararlo!
E' una scuola che dura una vita. Farlo e rifarlo fino ad imparare.
Lo spirito deve imparare piano piano, affinché poi il procedere
spirituale gli dia gioia.
Con la spada tagliamo la catena dei pensieri, mentre contiamo i respiri
da uno a dieci: Inspirazione – Espirazione;uno. Inspirazione – Espirazione;due
ecc. fino a dieci. E ricominciamo daccapo. Tutto non deve svolgersi
automaticamente, ma respiro per respiro, stando assolutamente desti,
osservatori!
Inutile dire che subito un pensiero, una sensazione, una percezione
interviene a disturbarci, a interromperci, a fuorviarci del tutto.
Un taglio netto e ricominciamo da capo. Ci vorranno tre mesi prima
che riusciamo ad eseguire i respiri da uno a dieci senza essere
influenzati.
Questo è un esercizio base. Dopo qualche tempo di pratica quotidiana
siamo in grado di acquisire uno stato vigile e centrato che ci renderà
capaci, nel quotidiano, di comportarci in modo "adeguato, vale a
dire in funzione della rispettiva situazione – sia con una reazione,
sia con una azione, o sia semplicemente lasciando correre. Il compito
principale in questo training è dunque questo: Non pensare, ma essere
desti, percepire.
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Meditare aiuta a stare in mezzo alla realtà, come essa si è formata
o come è stata causata; adeguarsi fiduciosi e consapevoli al flusso
della vita, al mutamento irrefrenabile dei fenomeni che fluiscono.
Questo spirito è come l'acqua. Fluisce in ogni forma, riempie questa
forma e confluisce nuovamente in una nuova forma.
L'unico modo di vivere è quello di dedicarsi al flusso della vita.
Non appena insorge il pensiero "Non voglio"oppure "Vorrei che fosse
diversamente", sorge il problema dell' Io che vorrebbe che le cose
fossero diverse da come sono.
Non appena questo Io non ci sarà più, ci si troverà immersi nel flusso
continuo degli eventi, senza dolori: "Dove io non ci sono, non ci
sono problemi. Dimenticare se stessi significa essere illuminati
da ogni cosa".
Lo spirito che ha dimenticato se stesso è lo spirito che scorre. E'
docile e non trattiene niente. Questo è esattamente lo spirito meditativo,
sia nello star seduto immobile e in silenzio, sia anche nel movimento
dinamico più estremo.
Riempire la realtà significa: "lasciar agire, ma anche agire noi stessi
per comprendere la realtà e contribuire noi stessi a formarla."
Ma che cosa è la vera realtà? Chi vuole conoscerla deve essere cosciente
della sua ottica personale e osservare il mondo senza il filtro
delle proprie opinioni. Molto spesso constaterebbe di non trovarsi
in un ingorgo autostradale, ma di essere lui stesso, con le sue
azioni, un ingorgo! Riconoscerebbe che non è che c'è un clima familiare
o aziendale – no, le sue azioni sono il clima! Non è che lui abbia
una lite – lui è la lite!
Agire significa dedicarsi completamente a questo compito - con energia,
senza stancarsi mai, dimenticando se stessi fino a rinunciare a
se stessi. E una volta giunti al punto in cui si è dimenticato e
rinunciato all'Io, allora saremo solo azione e dinamicità. Questi
sono gli istanti in cui si avvertono dentro di sé tutte le forze
del mondo, in cui ci si sente sicuri di possedere la forza di raggiungere
qualsiasi meta, senza sforzo, in assoluta chiarezza e silenzio.
Sono momenti di pura energia, ispirazione e gioia. E' un agire libero
da passato e futuro, assolutamente presente nel momento ed estremamente
avvincente.
Si tratta di svolgere il proprio lavoro con piena energia e senza
prefiggersi alcuno scopo di un possibile vantaggio. In un tale modo
di agire si pongono le cause necessarie per lasciare maturare i
relativi frutti. A chi ha assolto ora al cento percento il suo compito,
la realtà si mostrerà riconoscente nel modo opportuno, con 1001
doni.
E' un'arte! Bisogna svolgere il proprio lavoro come un gioco da bambini,
come la cosa più naturale. Si deve diventare del tutto modesti,
ma orgogliosi. Il vero Io deve essere presente – deve essere desto:
il centro del proprio mondo. D'ora in poi non ci sono più scuse!
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Come ci si esercita duramente e senza interruzione per raggiungere
l'elasticità fisica, esattamente così viene incentivato anche lo
spirito.
Lo spirito reagisce con un rifiuto e con un "No"alle richieste e alle
esortazioni che vengono rivolte. In tali situazioni, il principiante
che rinuncia manterrà i suoi "saldi principi", che bene o male gli
saranno di aiuto nella vita – ma rimarranno anche così rigidi come
sono arrivati.
Se uno ce la fa a superare questo periodo duro, di giorno in giorno
noterà che a poco a poco fisico e spirito diventano sempre più elastici.
Nelle Asana il corpo impara a coordinare i movimenti con il respiro.
Questo avviene perché la mente è diventata altrettanto elastica;
non reagisce più con un cocciuto No. In ogni situazione si è sempre
più spontanei, desti e chiari nella reazione. E' lo "spirito dell'acqua"che
scorre chiaro, desto, fresco, in ogni possibile forma. Lo spirito
scorre anche fuori dalla forma. Non rimane nella caraffa , nella
ciotola o nella bottiglia, rimane sempre e soltanto "in flusso"e
fedele a se stesso. Le forme vengono sempre nuovamente abbandonate,
e sarà vissuta una fresca libertà.
Con questa libertà, la forma non è più un'imposizione, ma soltanto
transizione, per confluire nella prossima forma.
Forme, figure, situazioni, persone non sono più un ostacolo, ma offrono
nuove possibilità per la mente di affluire in esse e soprattutto
di defluirne assumendo poi sempre nuove forme. Senza star lì ad
operare una scelta e senza attaccarsi al tradizionale.
Persone con tale atteggiamento mentale sono gli artisti con i loro
lampi di genio o i campioni dello sport, quando, come per gioco,
scendono sparati giù per le piste o come in trance lanciano la palla
nel campo avversario. Essi vivono costantemente in uno stato in
cui la forma è completamente superata e nient'altro è rimasto, se
non la base di un'espressione ludica, artistica.
Qui comincia la libertà personale, l'entusiasmo e la maestria individuale.
Si crea uno stato di coscienza di qualità superiore.
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La separazione, tra l'Io ed ogni altra manifestazione, è considerata
come qualcosa di fallace e come causa di ogni dolore - dallo struggimento
più lieve fino alla più grave forma di dipendenza, dal rifiuto più
leggero alla più profonda depressione.
La dissoluzione dell'Io consegna l'uomo all'unità. Unità intesa come
sinonimo di libertà, pacifismo, energia, percezione della realtà,
gentilezza e saggezza.
Una persona che abbia compiuto questo passo verso l'unità e si trovi
in questa unità, è caratterizzata dal fatto di avere la fiducia
e la facoltà di superare tutti i problemi che le si presentano.
Il processo, per far sì che l'Io si dissolva, affronta frontalmente
e trasforma tre aspetti con cui l'uomo entra nel mondo: Il pensare,
il parlare e l' agire.
Il pensare viene affrontato con compiti che non si possono risolvere,
dissolvere, superare razionalmente, con l'intelletto, e si cerca
una soluzione che sembra non avere senso. Una volta che si ha la
soluzione, si è assolutamente certi della sua verità, ma prima che
la verità ci conceda l'accesso ci vuole spesso un processo mentale
lungo e doloroso, che passa attraverso molti dubbi e disperazioni.
Con l'accesso alla verità è collegato un nuovo modo di pensare -
un pensare estremamente diretto, spontaneo e creativo.
Questo nuovo modo di pensare non è più solo analitico e costruttivo,
ma anche, e tanto più, un cogliere la realtà in modo intuitivo,
così com'è, e cioè senza separazione alcuna.
Esempio:
"Quando si batte le mani, c'è un suono. Che cos'è il suono di una mano?"
Il parlare viene affrontato con il silenzio e la recitazione
dei sutra. Il linguaggio non è altro che pensiero espresso. E poiché
il pensare separa la realtà, per mezzo della lingua la separazione
viene ancor più cementata. Da cui:
"Se non si pensa non si parla". E soprattutto: "Se non si parla non
si pensa".
Al posto del solito chiacchierio, nell'allenamento, si sta zitti e
si recitano testi antichi, che hanno un contenuto didattico, il
cui valore non è il messaggio intellettuale, ma l'effetto mantrico
- il ritmo del flusso recitativo. Tramite questo ritmo si dischiude
la realtà e la verità, si crea una nuova atmosfera in chi lo sta
recitando. Per questo motivo il valore intellettuale intriseco di
un sutra è solo un "dito che indica la luna"; l'attività del recitare
pero fa sì che si crei un cosmo sempre nuovo.
L' agire viene affrontato per mezzo della forma, o per meglio
dire della posizione. "Nel mantenere la posizione" si crea a sua
volta una nuova atmosfera in chi sta praticando l'esercizio - stare
in piedi eretti o stare seduti eretti è avere un atteggiamento mentale
eretto; fare convergere le mani è un atteggiamento mentale che unisce;
reagire immediatamente quando si è chiamati, è essere desti nella
mente. Azione e posizione sono un tutt'uno.
In conclusione, con l'esercizio, pensare e fare diventano un'unica
entità. L'uomo pensa a quello che fa e fa quello che pensa. Non
vive più la realtà con la testa, ma nel modo più immediato con il
corpo e con il cuore. E se dice qualcosa non sarà un "parlare di
qualcosa", ma sarà l'esistenza stessa a parlare:
"Stando seduti, stare solo seduti,
mangiando, mangiare solamente,
parlando, parlare solamente,
ridendo, ridere solamente,
allora la vita stessa è una meditazione.
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