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Monte Cofano |
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Fanno davvero impressione le strapiombanti pareti di roccia,
eppure un passaggio c'e' per raggiungere la vetta. |
Salire in vetta al Monte Cofano
solo in apparenza è difficile.
Ragazzi e ragazze, giovani e anziani
si avventurano regolarmente
per godere dell'ampio panorama che spazia intorno.
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La conca oltre la zona marmifera di Custonaci e' davanti alla parete
Est.
Oltre la vallata inizia il viottolo segnato, e avviandoci,
guardando verso destra, abbiamo la sorpresa di un laghetto tra quelle
aride pietraie arse dal sole.
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Sara' una vena d' acqua sorgiva; c' e' tutto l'anno, e le mucche
ringraziano.
Anche gli escursionisti si incontrano in questa radura,
un' oasi di frescura in un corollario di pietre ardenti.
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Percorso il viottolo lungo il pendio, dopo qualche minuto, che sembra
piu' faticoso perche' ancora non abbiamo preso il ritmo del passo
di montagna, si raggiunge la parete rocciosa. Non lasciamoci impressionare,
una volta inerpicati ci si diverte ad arrampicarsi.
Guardiamo avanti cercando un passaggio facile e possibile. Evitiamo
di trovarci di fronte ad un masso insormontabile.
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Delle frecce rosse ci indicano la giusta via, ma dobbiamo scegliere
noi dove poggiare i piedi.
E finalmente ci si para davanti la parete con la corda.
Negli anni settanta quando salii per la prima volta in cima, la
corda non c' era, anzi scoprii da me il percorso, e solo qualche
cacciatore ci si avventurava.
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E ora arrampichiamoci utilizzando tutti gli appigli possibili. Sono
pochi metri, e poi e' divertente, ddai!
Appena sul pianoro cominciamo a guardarci intorno, perche' dobbiamo
memorizzare questo posto: perche' e' l'unico per la discesa.
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Siamo stanchi e' vero, ma se ci voltiamo e guardiamo il lontano
paesaggio ci rendiamo conto di quanto siamo saliti in alto.
E' questo il bello della montagna, andarci a cacciare di fronte
ad un ostacolo e trovare in noi la forza per superarlo.
E' un esercizio che ci sara' utile in tante altre situazioni.
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Memorizziamo bene questi massi con le pietre sopra. Sono segnali
che ci ricondurranno di nuovo qui per la discesa. Attenti a non
dimenticarlo.
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Questa arrampicata non e' stata difficile. Vedete la pietraia? da
qui alla vetta sara' un lungo, faticoso zigzagare tra pietre taglienti
e spine che metteranno alla prova la nostra pazienza.
Qui si' ci vuole coraggio! o almeno buona compagnia.
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E poi le sorprese non mancano. Come queste mura di pietra che testimoniano
di una abitazione o almeno un riparo. Assurdo a quest' altezza ed
in mezzo a questa pietraia sferzata dai venti.
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Chissa' chi ci ha abitato, se erano cacciatori, o vedette. Certo
che si godevano un bel panorama. Come ce lo stiamo godendo noi.
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Quand'ecco sul versante opposto uno spettacolo al sole.
Un gruppo di giovani col parapendio si lanciano nel vuoto. Queste
montagne serbano ancora sorprese.
E non e' finita!
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Finalmente, ecco il cocuzzolo della montagna.
Dovete credermi un buon motivo che mi spinge a salire quassu' e'
questo mucchio di pietre, o meglio quello che nascondono: C'e'.
L'ho visto!
E' un vecchio barattolo di latta, altre volte e' stato di vetro,
e contiene dei taccuini, dei fogli.
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Ne esco il contenuto, lo seleziono e mi preparo ad una mezzora di
sana, spassosa, istruttiva lettura. Dovete credermi e' piu' pregnante
di una lezione universitaria.
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Prima ancora di godermi il paesaggio, mi trovo assorto a leggere
quei saluti. Commoventi.
Ci sono pregiere, poesie alla vita, alla natura, al sole, alla luce,
alle persone, agli amici, all'amore. In cima a quel cocuzzolo che
vediamo da laggiu', dabbasso.
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Nel frattempo questo riposo mi calma prima di affrontare la discesa.
Ma c'era un'altro motivo perche' questa volta sono salito. Debbo
fare delle foto ad una casa che, indovinate un po', si trova in
cima al cocuzzolo di Monte Cofano.
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Un'ultimo sguardo ai precipizi che mi attorniano.
BRRRRRR! Che paura!!!
E si ridiscende a cercare il passaggio per la salvezza.
Ecco le pietre finalmente. Siamo salvi.
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Non lasciamoci impressionare dal precipizio che ci si para di fronte,
oramai siamo provetti scalatori e sappiamo cosa fare.
Io da parte mia ho escogitato 'il passo del ragno', e scendo giu'
veloce che sembro vero una Rascatigna.
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Lungo il percorso si incontrano piante che ravvivano il colore monotono
dell' erba selvatica:
E' la flora mediterranea.
Questi a sinistra sono "i skoddhi"; hanno alimentato generazioni
di nostri avi. Nei mesi invernali, quando sono ancora teneri, si
tagliano alla base, si spuntano, si scortecciano e resta un midollo
saporito e nutriente che si puo' mangiare sia crudo (meglio), che
fritto con uova. Nei mesi estivi quando questi fiori gialli che
vedete abbruniscono sulla pianta, si raccolgono i petali, si lasciano
appassire al sole e si possono fumare come tabacco sia da pipa che
da cartina. Io l' ho fumato, non per mancanza di tabacco come i
miei nonni; hanno un sapore un po' dolciastro.
Poi c' e' la "Fella". Il suo stelo cresciuto e indurito
e' leggerissimo. In campagna serviva per fare tavoli, sedie e sgabelli.
Tutte le altre, Ginestre, spine, piante grasse sparse ovunque,
i loro colori sorprendono sempre tra il grigiore delle pietraie
e dell' erba selvatica.
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E siamo tornati nella conca attorniata da "Palme nane". Un' ultimo
sguardo al laghetto (le mucche sono andate via), e si torna a casa.
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